Sunday, June 20, 2010

Hong Kong

A Hong Kong si sta come le sardine. Proprio come queste lattine.
Sono passate più di due settimane dal mio ritorno da Hong Kong. E finalmente mi son decisa a scrivere qualcosa. Non l'ho fatto prima perchè sinceramente non so proprio cosa scrivere. E infatti questo è ancora quel che provo: totale smarrimento. Stesso smarrimento che ho sentito durante tutta la mia visita nel porto profumato. Era sera, pioveva e l'aeroporto era deserto. Dovevo raggiungere l'isola dei New Terriotories e dovevo prendere treno+bus. Ma non capivo un granché.. fatto sta che vagando su e giù per le scale mobili, riesco a trovare il treno e prendo il bus. Io sinceramente non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi da Hong Kong, non mi ero informata molto e non avevo sbirciato foto su google images, cosa che solitamente faccio solo per togliermi un pò la curiosità. Nella testa mi ripetevo "sono a Hong Kong! sono a Hong Kong!" e l'eccitamento saliva sempre di più. Sul bus ho potuto assaporare per 10 minuti la città-vista-finestrino e tutto ciò che ho visto sono state luci, luci e luci. Luci di macchine, luci di grattacieli, luci di insegne. Gli esseri umani si muovevano come un fiume per le strade, ma erano come polvere, sottili, incorporei e fluttuanti. La polvere la si nota solo se un fascio di luce la colpisce, rimanendo comunque inafferrabile e senza peso.
Arrivo in albergo, poso le valigie e con LiWen andiamo a cenare. Arriviamo in questo posticino che fossi stata da sola l'avrei evitato senza pensarci due volte. Zuppa di "Spaghetti cinesi". Devo ammettere che in questi mesi su una cosa sono stata totalmente fallimentare: ancora non so usare le dannate bacchette. Finita la cena, risultata essere teremendamente faticosa, facciamo una passeggiata. Pioveva, era tardi, ma il tempo sembra non scorrere di notte. I neon bloccano il tempo, mettono in pausa il trascorrere delle ore. Luci al neon di ogni tipo, ogni grandezza, ogni colore. E non ti chiedi mai che ore sono, sai solo che è notte. O meglio, pensi sia giorno, soltanto che il sole è al neon. Pensi sia giorno perchè tutto è attivo 24 ore su 24.
Dopo essere stata bombardata da migliaia di fotoni finalmente andiamo a dormire. In albergo prendo la guida e pianifico il tour dei giorni successivi. Il giorno dopo mi dirigo sull'isola di Hong Kong con un battello che dondolava come non mai. Arrivo a Central e ancora una volta quella strana sensazione di smarrimento.
Cammino, cammino e la mia testa poteva guardare solo in alto, cercando con gli occhi di raggiungere le sommità dei grattacieli per capire fino a quale punto Hong Kong era arrivata a spingersi. Vecchio e nuovo cuciti insieme in una trama fittissima. Tra i palazzi si snodano e strisciano nastri di cemento crudo dove il pulviscolo è costretto a passeggiare.
Per la prima volta ho veramente capito cosa fosse la giungla di cemento. Ma non tanto per l'abbondanza, quanto per il suo carattere selvaggio e severo. Hong Kong è una città che si sviluppa sì in larghezza e in altezza, ma la cosa che più mi ha colpito è che c'è vita anche a livelli intermedi. Di solito cammini a livello terra oppure entri in un grattacielo, prendi il tuo ascensore e sali, sali, ma poi rimani comunque lì, chiuso nel tuo palazzone.
A Hong Kong no. Cammini sospeso per aria, sopra il livello zero, puoi attraversare la città camminando tra palazzo e palazzo sfruttando le connessioni che ci sono tra essi. Ne sono rimasta affascinata, camminavo a bocca aperta ma c'era comunque qualcosa che non riuscivo ad afferrare, a percepire. Il giorno dopo, lontano da palazzi, macchine e insegne, decisi di darmi un pò alla meditazione e così, dopo 3 ore di viaggio, raggiunsi il più grande buddha mai visto in visto in vita mia.
Anche qui, come le Batu Caves di Kuala Lampur, mi son ritrovata di fronte a una lunghissima scalinata. Altra faticaccia, altro sacrificio. Arrivata in cima ho goduto di un panorama magnifico! Come magnifico era il panorama visto il giorno dopo dal Peak.

Vicino Central c'è una vecchia funivia che ti porta in cima a una collina. Se andate a Hong Kong, prendetela. E' incredibile. La funivia scala il dorso della collina, ma è talmente scosceso che mentre sei seduto ti ritrovi quasi con la schiena in posizione orizzontale e le gambe per aria! Ci sarà una pendenza del 99%!!! Tornando giù dal monte mi fermo al museo d'arte. Una cosa orrenda. L'edificio sarà stato edificato negli anni settanta/ottanta, ma anche la collezione e tutti gli interni sono rimasti a quell'epoca. Povero, triste e per niente interessante. Una sera l'abbiamo passata in una delle zone più belle di Hong Kong, Soho. Tanti piccoli locali, di cui la maggior parte italiani, fanno affollare le stradine che si snodano in salita e in discesa.
Finiti i miei pochi giorni a Hong Kong, durante il volo del ritorno ho realizzato che sì Hong Kong è una città moderna, all'avanguardia, affascinante e tutto ciò che volete, ma io cosa me ne faccio della modernità se questa fa venir meno la vivibilità della città stessa? L'inafferrabilità di Hong Kong sta nella sua dispersione di capitale umano all'interno di grattacieli, della metropolitana, dei passaggi, in tutte le zone di transito, tutte zone dove tutti transitano, e non ci si ferma.
Non ci si ferma nemmeno ad osservare un sorriso, uno scambio di sguardi, due persone che dialogano. Una città è più incantevole quanto più si percepisce la presenza e il contatto umano. Che cos'è una città senza l'uomo?

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